Nessuno viene a me se non per mezzo del Padre
Il Vangelo di questa settimana fa parte del discorso di addio che Gesù fa ai suoi discepoli. Essi lo vedono turbato (per l’annuncio del tradimento che aveva fatto) e di conseguenza lo sono anche loro. Il turbamento degli apostoli è da considerarsi uno stato di agitazione, che spesso pervade anche noi oggi.
Ma Gesù non ci lascia nell’agitazione e ci esorta ad avere fede in Dio e in Lui. Qui fede è intesa come fiducia, come rapporto interpersonale da vivere con Dio e con gli altri. Gesù stesso ci dice di non permettere ad agenti esterni di destabilizzare la nostra vita, ma di credere in Dio e di avere fiducia in Lui perché non ci ha scelti a caso, ma nella sua scelta c’è un disegno prestabilito creato prima ancora che noi nascessimo. Ci ha desiderati da sempre e per questo ha preparato un posto per ognuno di noi. Gesù ci vuole con Lui, Egli è il “primogenito di una moltitudine di fratelli” (Rm 8).
Gesù è il figlio di Dio per generazione e si identifica come la via per giungere al Padre. L’umanizzazione del figlio di Dio è la chiave di lettura per identificarci come figli di Dio. Le tre “V” dette da Gesù “Io sono la Via, la Verità, la Vita” ci indicano che è solo imitando il suo schema di vita umano si giunge al Padre.
Solo chi entra in relazione con Gesù conoscerà veramente Dio. I discepoli in Gesù vedevano un uomo che viveva la sua vita nella semplicità ma anche in maniera piena, vera. Quindi chi vive nella genuinità la propria umanità, riscontra la genuinità divina. Tutto è possibile per chi crede veramente, perché nella nostra stessa natura umana è presente la potenza di Dio: Dio è con noi solo se noi crediamo che Lui sia già presente dentro di noi. E lo scopriremo sempre più se guardiamo il volto del crocifisso risorto.
Trascrizione eseguita da Angela Litrico e Fabrizio Platania