Il Vangelo di questa III domenica di Pasqua ci riporta ai giorni subito dopo la morte di Gesù, spiegandoci come avviene l’incontro con Gesù. Come i discepoli di Emmaus, che si mettono in cammino sfiduciati per quello che era accaduto nei giorni passati e discutono sull’accaduto, anche noi, nel nostro peregrinare sulla terra, mettiamo in discussione la nostra fede, il nostro credo.
Il racconto prosegue dicendo che lungo il cammino Gesù si fa compagno di viaggio dei due discepoli, ma non viene riconosciuto. I viandanti raccontano tutto il loro dispiacere e la loro delusione per aver riposto tutte le speranze su Gesù e queste sono svanite con la Sua morte. Gesù, allora, li sprona rimproverandoli. Inizia a spiegare le scritture e giunti al villaggio si siede con loro a cenare. I discepoli, nello spezzare il pane, riconoscono Gesù, che nel frattempo scompare dalla loro vista. I due discepoli, pieni di gioia e con il cuore ardente di amore, ritornano immediatamente a Gerusalemme per raccontare ai loro compagni l’accaduto.
Gesù si fa nostro compagno di viaggio, ma noi molto spesso non lo riconosciamo. Si rende presente nella mensa della parola e subito dopo si fa riconoscere nel pane eucaristico spezzato per noi. Sotto l’aspetto pastorale la scrittura ci insegna che quando noi siamo nelle tenebre (malattie, dispiaceri, disgrazie) e ci allontanano da Dio, Gesù prorompente interviene con la sua luce per tirarci fuori dal buio e riportarci sul retto cammino. Questo perché la nostra visione della vita non coincide con quella di Dio. Pensiamo di potere inglobare il volere divino nel nostro volere, ma non è così perché Dio non può essere inglobato. Quindi ogni muro, ogni tenebra che ci si presenta davanti alla nostra vita non deve essere visto come un punto di arrivo, ma come una nuova partenza alla luce della mano divina che ci giuda.
Che Dio ci faccia cambiare continuamente la nostra strada per indirizzarci sul sentiero che Lui ha preparato per noi.
Trascrizione eseguita da Fabrizio Platania