Nei giorni 13, 14 e 15 Marzo, abbiamo avuto l’occasione di prepararci con gli esercizi spirituali di Quaresima.
Il Consiglio Pastorale parrocchiale ha proposto e approvato la possibilità di due turni di esercizi, così i parrocchiani hanno potuto partecipare in due diversi orari:
- alle 18:30 subito dopo la celebrazione della S. Messa, con gli esercizi curati dal Parroco, Don Antonio Gentile, che si focalizzavano sulla preghiera;
- alle 20:00, le meditazioni del Vicario parrocchiale, Don Alessandro Napoli, avevano come filo conduttore “il testamento di Gesù”.
Entrambi i momenti sono stati seguiti da circa mezz’ora di adorazione al SS. Sacramento, per la meditazione, l’interiorizzazione e la preghiera personale.
Sinteticamente riassumiamo qui la ricchezza di questi momenti di preparazione e vero esercizio per l’anima.
La preghiera sia il respiro dell’anima (Sant’Agostino).
Nel primo turno abbiamo meditato sulla preghiera intesa come mistero nel quale Dio ci permette di immergerci. L’uomo è naturalmente rivolto verso il Creatore; è verso di Lui che volge lo sguardo poiché lì trova il suo aiuto (“alzo gli occhi verso i monti, da dove mi verrà l’aiuto? Il mio aiuto viene dal Signore che ha fatto cielo e terrà” salmo 120).
La preghiera è il desiderio dell’anima di giungere alla fonte del suo ristoro (“come la cerva anela ai corsi d’acqua così l’anima mia anela a te, o Dio” Salmo 41);
È un movimento che ci conduce fino al mistero stesso di Dio che è disceso, si è incarnato, per comunicarci il suo desiderio e la sua volontà di essere vicino alla sua creatura per amarla e salvarla.
La nostra preghiera si traduce quindi in una discesa nel mistero della preghiera stessa di Gesù il quale, Dio fatto uomo, persona della Trinità, nella preghiera è in piena relazione con il Padre per mezzo dello Spirito Santo, dono che origina la Chiesa dall’ultimo respiro di Gesù sulla croce. Questa comunione trinitaria ci permette di entrare anche noi in comunione di preghiera accompagnati dall’esempio di Gesù come racconta la scrittura: supplicante e nell’angoscia (Mc 14,34); abbandono nella fiducia (Eb 7,25); per ottenere la fede (Lc 22, 31-31); nella lode (Mt 14,19), nel ringraziamento.
Gesù era un ebreo, pregava con i Salmi. I salmi registrano i movimenti interiori dell’uomo e, per mezzo dello Spirito, l’uomo comunica a Dio tutti i suoi sentimenti perché Egli come Padre ci accolga, ci ascolti, ci ami. Noi stessi, quindi, possiamo pregare se preghiamo con Gesù (Gv 15, 16) per mezzo del quale siamo diventati figli (Rm 8, 14-17) e possiamo chiamare Dio col nome dolce di papà, Abbà.
La preghiera è un percorso a tappe, paradossalmente in discesa… sì, in discesa verso il mistero della preghiera di Gesù. Va educata. Passa da una preghiera fatta di parole vuote, al monologo, al dialogo fino a giungere all’Ascolto. Attraverso la riflessione, la decisione e la supplica, in un tempo stabilito d’incontro quotidiano con il nostro Dio, per mezzo di canali attraverso cui Egli ci parla (la mente, la volontà, le emozioni, l’immaginazione, la memoria) possiamo giungere all’Amore con una vita vissuta nell’offerta e nella donazione di sé e nell’abbandono al suo abbraccio misericordioso.
Irene I.
Il testamento spirituale di nostro Signore Gesù Cristo nel primo discorso di addio (Giovanni 13; 31 a 14; 31).
Il secondo turno di esercizi spirituali ha come linea guida il testo di Giovanni dal capitolo 13 versetto 31 al capitolo 14 versetto 31. Nella prima parte del brano si fa spesso riferimento alla ridondanza del verbo amare. In questi versetti, l’evangelista Giovanni ci parla dell’amore di Gesù, manifestando così il Suo testamento, cioè gli insegnamenti più importanti che Lui ci ha lasciato.
Se volessimo riassumente con una parola il testamento spirituale di Gesù potremmo usare questa semplice parola: amore.
Quante volte ci siamo fatti la domanda “Signore come dobbiamo vivere?” E qui c’è la risposta. Gesù consegna ai suoi discepoli un comandamento nuovo perché nel contesto Pasquale intende sancire la nuova alleanza che avrà come statuto fondamentale la legge dell’amore. Gesù non annulla la legge mosaica, ma la completa, realizzando quanto i profeti nell’antico testamento avevano predetto: una nuova legge non più composta di decreti bensì una “legge del cuore” (Ger 31; 30), che è il fondamento per osservare la Legge.
Continuando la lettura del brano, dal dialogo tra Pietro e Gesù, si evince che l’apostolo non poteva capire cosa significasse fino in fondo la sequela del Cristo. Il suo impeto sgorga dal l’affetto umano per il Maestro. Un sentimento troppo legato all’aspetto terreno dell’amore. Pietro non aveva capito che andare dietro Gesù significava il sacrificio della propria vita. Ovvero, rinunciare al proprio modo di vedere le cose, al “secondo me” e basta. Sacrificio significa mettere Dio al primo posto. Sacrificio non è solo la morte fisica, infatti la morte di Pietro arriverà solo dopo un passaggio più importante: la mortificazione del proprio Io. Solo dopo aver compreso cosa significasse davvero accogliere la volontà di Dio.
Il motivo della passione, morte e risurrezione di Gesù è proprio l’amore totale per il Padre e per la sua volontà.
Continuando la lettura del brano, Gesù parla di se come la Via. Indica così la sua funzione di mediatore per guidare l’uomo al Padre. Gesù si auto rivela, è Lui la Via, la Verità, la Vita. È la verità perché rivelatore del Padre. È vita perché la dona in abbondanza.
Gesù però non è solo il rivelatore del Padre ma è egli stesso la rivelazione. Lui fa vedere a tutti l’amore che lo lega al Padre e che è donato a tutti, e lo fa con opere concrete non solo a parole.
Al termine del brano, l’evangelista sente la necessità di sottolineare il dono della pace di Cristo, pace molto diversa da quella che da il mondo. Infatti siamo ormai abituati a pensare alla pace come conseguenza di una guerra, e anche ai tempi di Gesù era così. Gli Ebrei infatti aspettavo un Messia che con la forza ripristinasse la pace. Ma Gesù non è venuto per dare questo tipo di pace, la pace di Gesù è diversa, è il dono per eccellenza della pace eterna, che non può essere messa a rischio da nessuna guerra e da nessun uomo. Questa pace dona sicurezza e gioia al cuore dell’uomo.
Giovanni conclude il brano del testamento di Gesù con un’esortazione valida anche per tutti noi: “Alzatevi e andiamo via di qui”. È l’espressione che da slancio a tutti noi dopo tutti gli insegnamenti che il Signore ci ha dato in questi esercizi spirituali: non ci resta che uscire e mettere in pratica i suoi insegnamenti.
Antonio G.